Casa Challant

Il nome della casa fa presumere che vi sia vissuto il Conte Filiberto di Challant, Castellano di Bard dal 1487 al 1517, nipote del Priore Giorgio di Challant, noto per aver fatto realizzare il bellissimo castello di Issogne. Da qui le evidenti analogie architettoniche e decorative tra i due edifici.

La facciata si apre su una piccola piazzetta con finestre in pietra e significativi affreschi, da qualche anno riportati alla luce. Sul lato verso la strada, alla casa si appoggia un’arcata, al centro della quale si trova una finestra a crociera con decorazione a cordonatura. Al primo piano, l’elegante salone in cui spicca un ricco soffitto a cassettoni con decorazioni affini a quelle del castello sopracitato.

Oggi edificio di proprietà privata è stato, dal 2000 al 2005, sede del Centro Visitatori Infobard, e si propone attualmente come luogo per mostre temporanee.

Casa del Vescovo

Salendo lungo la via, poco dopo Casa Challant, si trova la cosiddetta “Casa del Vescovo”. Non vi sono certezze, ma considerando lo stretto legame esistente tra il giovane Filiberto di Challant e il Priore Giorgio, nulla ci impedisce di credere che quest’ultimo possedesse a sua volta una dimora nel borgo di Bard degna del suo rango. Altra ipotesi, forse molto più romanzata, vorrebbe identificare tale edificio quale residenza “obbligata” di un Vescovo di Alba, mandato in esilio a Bard nei primi anni del ‘700.

Casa della Meridiana

Di fronte alla Casa del Vescovo si trova un edificio recentemente restaurato e adibito dall’Amministrazione Comunale ad uso abitativo e commerciale, che presenta l’unica meridiana del borgo, da cui il nome.

Casa Urbano

Un tempo sede dell’antico mulino, è stata restaurata nell’ambito del progetto di recupero del Forte e verrà destinata ad uso abitativo e commerciale. Molto ben visibili sulla sua facciata lo stemma sabaudo, greche e decorazioni di un colore rosso vivo.

Casa Valperga

Abitata da Flaminio Valperga, governatore del presidio del Forte all’inizio del XVI secolo, è ancora oggi facilmente riconoscibile grazie alla facciata decorata da una bifora (oggi chiusa), affiancata da due finestre a crociera. Ancora abbastanza evidenti vari stemmi nobiliari, tra cui appunto, quello della Famiglia Valperga. Di proprietà privata, non è visitabile.

Casa Ciuca

Anch’essa inserita nel progetto di recupero del Forte, è oggi adibita a casa per ferie ed enoteca. Il nome Ciuca, che significa l’ubriaca, deriva dal fatto che prima del recupero era considerata “instabile”; al suo interno si può ammirare un magnifico viret (scala a chiocciola interamente in pietra con un unico asse centrale) che ci testimonia la cura e la raffinatezza di un tempo.

Palazzo Nicole

Non è tra i più antichi, ma ricca e importante è la sua storia. I Nicole, succeduti ai probabili De Jordanis, Ricarand e D’Albard, realizzarono l’appartamento di rappresentanza al primo piano quando vennero investiti a Conti di Bard nel 1774. Si tratta di fatto dell’ultima famiglia nobile di Bard che vi abitò fino alla scomparsa dell’ultimo esponente, Giovanni Battista Felice, che vi morì nel 1849. In seguito, fu a lungo la residenza del Governatore della Piazzaforte per poi essere acquistata tra agli inizi del XX secolo da due famiglie di nome Jacquemet, che vi abitano tuttora.

Sulla facciata si aprono due ingressi, uno carrabile, che porta ad uno scalone con volta a crociera, e l’altro ad uso delle persone, coronato da un arco a tutto sesto. La parte ovest si presenta come una torre quadrata sulla cima della quale si trova una finestra quadrilobata che dà luce alla Cappella barocca, ancora adorna di affreschi dai ricchi colori, risalenti alla seconda metà del ‘700 e realizzati da Giovanni Antonio da Biella. Ben evidenti ancora oggi, sulla parete che sovrasta l’arco, i segni dei proiettili la cui presenza ci ricorda la resistenza all’assedio di Napoleone del 1800.

L’antica fontana

Non può passare inosservata la fontana, che si trova incassata sotto l’arco di fronte a Casa Challant. Restaurata di recente, presenta sul lastrone principale la data 1598-27 che è la stessa incisa sulla colonna monolitica adiacente, alta 1,70 m e con in cima un “mascherone”. Tutto lascia pensare che i tre elementi fossero parte di un’unica fontana, che si trovava probabilmente dove ora è rimasta la colonna e che per parecchio tempo è stata erroneamente considerata il pilori, cioè la Colonna infame a cui venivano legati i condannati alla fustigazione.

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